Cardellino

Sub. carduelis carduelis e carduelis major

descrizione:

Lunghezza variabile in base alle diverse sottospecie tra gli 11 ed i 16 cm. E’ forse il fringillide più conosciuto. Inconfondibile il disegno della testa che alterna rosso, bianco e nero. Parti superiori del corpo variabili dal bruno/nocciola al grigio/brunastro mentre ventre e sottocoda presentano una colorazione biancastra variabile a seconda del sesso e della sottospecie. Ali (escluso un ampio specchio giallo) e coda nere con apici delle penne bordate più o meno vistosamente da perlature bianchicce. Per il suo disegno netto ed il variopinto piumaggio da sempre è una delle specie maggiormente impiegate in ibridazione.

distribuzione e habitat:

Pressoché presente in tutta l’Europa ed in buona parte dell’africa settentrionale il suo areale si estende verso est fino al Libano e più a nord verso la Siberia. Largamente adattato a diversi habitat il cardellino predilige di massima i terreni aperti e discretamente alberati sia incolti che coltivati dove riesce a reperire le sementi immature di composite, crucifere ed alcune graminacee che sono alla base della sua dieta. Nella stagione invernale si riunisce in stormi medio piccoli e compie parziali migrazioni verso territori in cui il clima più mite favorisce l'approvvigionamento di cibo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Premetto che da sempre ho posseduto qualche esemplare della locale sottospecie da ibridare con canarini prima e spinus dopo e talvolta da riprodurre in purezza. Ben diversa invece è la passione che da anni porta il mio amico Carmine a selezionare questo superbo fringillide che per colori e canto ha poco da invidiare ad altre specie esotiche. Proprio a lui devo una buona parte degli accorgimenti che attualmente adotto.

Con la maggiore diffusione di soggetti nati in cattività della sottospecie Siberiana caratterizzata da una colorazione e una taglia ancora più accattivanti e con il proliferare di svariate mutazioni alcuna delle quali veramente attraente anche io mi sono cimentato con risultati che insospettabilmente sin da subito devo giudicare positivi.

Se per gli altri spinus le dimensioni dell’alloggio rivestono una relativa importanza, per il cardellino major, esse risultano quasi fondamentali. L’esperienza più o meno diffusa e direi un po’ di buon senso consiglierebbero di destinare a questi volatili almeno gabbie di adeguate dimensioni (lung. 120 cm) laddove non si disponga di volierette.

Qualora si dovesse ripiegare su aviari di dimensioni inferiori (almeno lunghe 60 cm. per un solo soggetto), come è capitato al sottoscritto, si impone la scelta di reperire animali particolarmente docili (specie le femmine su cui grava buona parte delle incombenze riproduttive) e un certo adattamento alimentare che ne impedisca l’eccessivo ingrassamento. Tra l’altro è buona norma valutare all’atto dell’acquisto anche una certa vivacità di movimento (più facile da ritrovare in cardellini di taglia non particolarmente “maggiorata”) pena il ritrovarsi soggetti letargici ancor più depressi dalle anguste dimensioni della gabbia a loro destinata.

Si tratta di un uccellino che seppur abituato al nostro clima va tenuto al riparo da forti sbalzi termici accompagnati da un peggioramento del grado di umidità. Spesso si sente di cardellini morti quasi improvvisamente durante la muta o subito dopo proprio perché in quel periodo (ottobre/novembre) iniziano i primi “veri freddi” magari accompagnati da giornate di pioggia. La tecnica maggiormente diffusa tra gli allevatori è quella di trattare in determinati periodi dell’anno i propri cardellini con cicli più o meno protratti di un prodotto coccidiostatico. La scelta, per quanto ovvio, resta dell’allevatore che dovrà valutare l’opportunità di tali pratiche soprattutto in relazione alle condizioni ambientali del proprio allevamento. Personalmente preferisco non adottare farmaci preventivi limitandomi alla loro somministrazione solo in presenza di un acclarato stato di malessere.

Grazie alla soleggiata esposizione del mio balcone, alla fortunata latitudine della città in cui vivo (Napoli) ed al sistema di alloggio di cui mi sono dotato composto da gabbie inserite in due armadi di pvc e lastre di policarbonato che lascio chiusi di notte e nei giorni particolarmente freddi, in genere tutti i miei volatili trascorrono l’inverno in esterno senza risentirne più di tanto.

Quanto all’alimentazione di massima essa ricalca quella fornita a tutti i miei spinus fatta eccezione per una maggiore percentuale di ottimo girasole nero piccolo (acquistato in unica soluzione direttamente dal produttore) e che ritengo uno dei semi migliori per assicurare al cardellino quella quota di grassi necessaria ad una alimentazione equilibrata. Per di più soprattutto nella cattiva stagione un maggior apporto di questo seme oleoso particolarmente nutriente giova al loro irrobustimento e di converso garantisce loro una maggior resistenza alle malattie. Per di più, qualora si rendesse necessario procedere a somministrare qualche medicamento, è bene fornire un po’ di questo girasole assoluto al fine di far ingrassare un po’ il volatile ed evitare che la terapia farmacologica finisca col arrecare più danni che benefici.

Verdura e frutta (solo saltuariamente nel periodo di riposo e tutti i giorni durante la fase riproduttiva) e la costante disponibilità di carbone vegetale e di grit (diverse qualità miscelate) completano il piano alimentare destinato ai miei uccelli.

Quanto alla riproduzione in genere è a metà/fine aprile che i soggetti manifestano apertamente il raggiungimento della piena forma amorosa. Il maschio canta ad alta voce e la femmina spesso risponde con un verso accompagnato dalla tipica torsione laterale del corpo. A differenza delle altre specie da me allevate ho notato che le cardelline necessitano maggiormente dello stimolo sessuale indotto dal canto del maschio. A tale scopo sin da metà marzo colloco le femmine nei pressi dei loro rispettivi maschi impedendo comunque ai partners di vedersi.

In questa fase, infatti, ritengo sia proprio l’attivo corteggiamento canoro del maschio che induce nella femmina il tipico comportamento riproduttivo. Di li a poco, in genere, essa inizierà a cercare il sito di nidificazione muovendosi tra i posatoi con caratteristici voletti ad ali “frullanti” portando nel becco qualche sfilaccio di iuta. Quando la femmina mostrerà inequivocabilmente il desiderio di “metter su famiglia” sostando spesso nel portanido ed iniziando a foderarlo con il materiale a disposizione andrà introdotto il maschio. Se la forma amorosa di entrambi è buona si può assistere all’accoppiamento anche in pochissimi minuti. In base al carattere della cardellina, all’atto della posa dei nidi (metà marzo), scelgo se infrascare o meno il frontale della gabbia. Mi avvalgo di rami di abete sintetici che garantiscono una buona durata e maggiore pulizia. Come materiale da nido uso la comune iuta in vendita per uso ornitologico, il pelo animale e piccole quantità di ovatta. Quest’ultima, forse perché bianca risulta molto gradita. Di contro evito sisal ed altre fibre sintetiche che potrebbe attorcigliarsi agli arti di nidiacei e riproduttori. Le uova deposte in genere variano da 4 a 5 e sono di colore biancastro/azzurrino più o meno lievemente picchiettato di brunastro rossiccio specie sul polo ottuso (bene sostituirle fino a che è presente il maschio). Terminata la deposizione tolgo il maschio definitivamente. L’incubazione dura circa 13 gg. Alla schiusa i nidiacei si presentano quasi del tutto implumi con pelle rosa carnicino e leggero piumino grigiastro chiaro su testa e dorso. Importante abituare per tempo le nutrici ad un alimentazione più proteica. Taluni utilizzano con successo gli insetti congelati, la frittatina o pastoncini a base di uovo sodo oltre ai semi germinati o bolliti. Personalmente per questioni di tempo mi limito ad integrare la normale dieta di misto + pastone secco con quotidiane somministrazioni di verdura e frutta + una vaschetta di girasole ammollato. Quest’anno, tuttavia, ho intenzione di sperimentare almeno su qualche coppia la famosa “frittatina” spesso consigliatami dai miei amici Massimiliano Esposto e Marco Novelli e verificarne l’appetibilità.

Entro 15/17 giorni i piccoli si involano ma in genere li lascio con la madre fino al compimento del trentesimo giorno di vita. Una volta appurato che i giovani sono adeguatamente in grado di alimentarsi da soli li sposto in spaziose gabbie evitando affollamenti.

Consigli particolari validi anche per diverse specie di spinus:

  1. Alloggiare per quanto possibile singolarmente i soggetti, i cardellini sono piuttosto litigiosi e in spazi modesti finiscono inevitabilmente per stressarsi l’un l’altro;
  2. Lasciare la femmina sola durante l’incubazione e l’imbecco dei pullus quando sono ancora nel nido, la presenza del maschio potrebbe arrecare danno a uova e piccoli o disturbare in qualche modo la femmina (continuo alzarsi dalle uova o dai nidiacei per manifestare l’intenzione di accoppiarsi);
  3. verificare se la femmina alimenta adeguatamente la prole controllando il gozzo dei nidiacei specie dal loro secondo giorno di vita ed annotare gli alimenti ad essa più graditi;
  4. controllare con circospezione due o tre volte al giorno che tutto proceda nel giusto verso. Queste ispezioni spesso ci risparmiano brutte sorprese l’indomani (vedi nidiacei caduti dal nido inavvertitamente, escrementi che ricoprono le uova incollandole al nido, scarsa attitudine della madre ad imbeccare la prole per la quale in questi casi si impone o il ricorso alla balia o un certo numero di imbeccate allo stecco integrative).

 

Queste di massima sono le indicazioni con cui allevo i miei cardellini ma sarei felicissimo di scambiare opinioni ed esperienze con chi alleva da più tempo di me questo meraviglioso indigeno.

 renato.gala@allevamentospinus.it

 

FOTO CARDELLINI

 

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