La rocambolesca storia di una cardellina particolare

 

Tutto è iniziato “al garage di Ciro”.

Ciro è forse l’uomo che meglio può rappresentare la tradizione e la passione popolare che da sempre lega gli ornicultori napoletani al cardellino.

Valido ibridatore, è in possesso di conoscenze mediche e terapeutiche che lo avvicinano più ad un santone che propriamente ad un veterinario. La sua vera passione è il canto che il cardellino nostrano è in grado di esprimere se adeguatamente addestrato così come gli “incardellati”, gli ibridi con la canarina domestica.

           

       Cardellina al nido. Allevamento Esposito                            Cardellina Eumo in cova. Allevamento Gala

In un caldo pomeriggio di metà giugno, come spesso accade, ci eravamo ritrovati lì io ed il mio amico Carmine, “l’orefice” come è meglio conosciuto nell’ambiente, per trascorre qualche ora di svago parlando di cardellini e tempi passati – Ciro è anche una infallibile memoria storica - magari allietati dalle melodiose e potenti “passate” di un valido cantore.

Ad un tratto la mia attenzione fu attratta da un maschio di major che faceva bella mostra di se accoppiato ad una canarina. Non era di taglia eccelsa ma i colori vivaci ed il disegno netto di maschera e petto ne facevano davvero un bell’esemplare.

“Ha una piccola macchia bianca sul mento e una spezzatura della croce sulla nuca” si affettò a precisare il padrone di casa. “Lo vuoi?”

Di li a poco, dopo una trattativa più simile ad una scenetta comica che ad una vera e propria contrattazione chiusi il prezzo includendo nell’affare una cardellina nostrana che stava rifinendo il nido in una gabbietta da 45 cm.

Quella cardellina l’avevo già vista un paio di settimane prima tra la vita e la morte a causa della ritenzione dell’uovo da cui era affetta. Con un ultimo sforzo, però, la bestiola quella volta era riuscita ad espellere l’uovo dal posatoio e salvarsi senza peraltro proseguire in altre deposizioni o alla cova.

L’anomalia, molto onestamente, mi fu rammentata anche da Ciro che me ne sconsigliò l’acquisto ma ugualmente volli tentare la fortuna visto l’avanzato stato di estro della femmina.

Prima di salutare e ringraziare lo stesso Ciro aggiunse che la cardellina era stata tutto il tempo accoppiata ad un cardellino favato (anche questo già osservato in qualche precedente visita) che un altro amico gli aveva ceduto “in conto vendita” ma che ormai aveva già trovato un nuovo padrone. Lui stesso mi garantì di aver assistito a frequenti accoppiamenti tra i due.

Dopo neanche una settimana... la bella sorpresa. La femmina alloggiata in uno dei tre scomparti da 40 cm. in cui si dividono i miei gabbioni aveva rifinito un nido perfetto e ben celato dal classico rametto d’abete artificiale e l’indomani si accingeva a deporre il suo primo uovo. Memore delle difficoltà a cui era andata incontro l’animale in precedenza foderai il fondo della gabbia con un panno di lana ed aspettai l’indomani con trepidazione.

Alle 6.30 ero già “operativo”, non potevo recarmi al lavoro senza aver messo al sicuro il prezioso uovo. Andai a controllare e lei quasi per mortificare il mio eccesso di zelo si fece trovare nel nido intenta a coprire il suo uovo regolarmente deposto. Per il giorno seguente, visti i risultati, provai a dare fiducia a mamma cardellina e lasciai stare tutto com’era.

Purtroppo però in questo nostro hobby basta poco per trasformare una gioia in profonda amarezza.

L’indomani la vidi stazionare sul fondo della gabbia in evidente stato di sofferenza per la mancata deposizione. Ispezionandole il ventre al tatto l’uovo sembrava “messo di traverso” rispetto al normale ed ogni manipolazione dell’animale o ulteriore espediente (lubrificazione della cloaca e dilatazione dei tessuti mediante il vapore acqueo) risultarono vani.

Mi trovai così con un uovo “solitario” da baliare e quel particolare dispiacere e senso di impotenza che ti prende quando, pur avendo fatto il possibile, ti trovi di fronte alla perdita di un soggetto.

Per fortuna il mio amico Carmine ha sempre l’asso nella manica, una canarina scotch bianco dominante accoppiata per l’occasione ad un maschio di lucherino testa nera particolarmente focoso che da tre giorni covava le sue 4 uova. Affidato l’uovo alla canarina finimmo per dimenticarcene sia io che Carmine in vista delle nuove schiuse che la stagione stava proponendo.

Lo scenario però mutò improvvisamente dopo circa 20 gg. allorquando Carmine mi telefonò invitandomi con urgenza a casa sua. Lo trovai a visionare il nido della scotch dove facevano capolino 4 ibridi di testa nera (3 verdi ed un ardesia) ed un microscopico cardellino che nonostante la differenza di età di tre giorni con i sui fratellastri mostrava un incredibile voglia di vivere. “Bene” pensai… almeno la cardellina ha lasciato l’erede… un erede che man mano che i giorni passavano si trasformava da brutto anatroccolo in cigno. Con l’apparizione del primo piumaggio infatti capimmo quasi subito che si trattava di un uccellino particolare.

Il padre “gola bianca” accoppiato alla femmina normale aveva generato già in prima discendenza un soggetto caratterizzato da analoga anomalia. L’interrogativo, pertanto, è di rigore: dopo tanti tentativi infruttuosi stavolta ci siamo effettivamente imbattuti in un caso di “acianismo ereditario”?

Ormai il soggetto (presumibilmente una femmina) si è involato. Si presenta con l’intero sottogola bianco molto esteso sui lati del mento e dietro alla nuca spicca una macchia bianca ben pronunciata. Inutile dire che l’orfanella è diventata la “principessa” di casa Esposito… ed è curata e assistita come tale anche adesso che si è resa indipendente.

 

La cardellina con i fratellastri adottivi                                                                              primo piano

Ai fini più strettamente “tecnici” mi sembra importante sottolineare che questa esperienza ricalca almeno in parte - non potendo disporre del padre - la teoria avanzata dal Dott. Massimo Natale circa la “dominanza autosomica” del gene “gola bianca” che, in soggetti omozigoti, determina, stando a quanto provato dal Dott. Natale, un fenotipo “bianco ad occhio nero” (cfr. l’articolo “il cardellino lipocromico - bianco ad occhio nero” pubblicato su ALCEDO nr. 18/2004).

Per quanto ovvio, tenteremo, nelle successive stagioni, di testare il soggetto al fine di verificarne l’effettiva ereditarietà e magari ottenere un numero maggiore di soggetti su cui lavorare per giungere al soggetto interamente lipocromico come già fatto dal bravissimo allevatore messinese.

L’aspetto divertente e goliardico della faccenda, invece, è che adesso al “garage di Ciro” impazza la gara sulla “effettiva titolarità” del soggetto…. chi lo ha allevato, chi ha recuperato l’uovo, chi ha prestato il maschio per la fecondazione (il sig. Luigi Petrone), chi rivendica diritti di prelazione sulla madre…etc, una simpatica polemica fatta di battute e sorrisi, di passione comune ma soprattutto… di amicizia!!!

Renato Gala

                                     

                                                           particolare della gola

A fine muta mi riprometto di pubblicare, anche per la gioia di tutti i “padri putativi”, altre foto che ritraggono il soggetto in piumaggio da adulto.

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